Le cave marmoree di Tito Mucci
Ben conoscendo l'evoluzione stilistica del lucchese Tito Mucci – passato da una lunga fase figurativa all'astratto tramite un'interessante serie di modulazioni – non mi sorprende la serie di opere che sta perentoriamente dedicando all'interpretazione dell'universo marmoreo apuano, forse sollecitato dall'attenzione che il pubblico gli ha dedicato per la partecipazione alla gran mostra del 2013 – tenutasi a Cardoso di Stazzema – “Il Comprensorio dell'Altissimo”, inserita nelle Celebrazioni del Lodo di Papa Leone X. Tralasciando l'evento, già affidato alle cronache specifiche, non mi sorprendono più di tanto le creazioni che sta dedicando all'universo marmoreo apuano. Dal segno al gesto e alla forma pittoricamente forte, in cui l'intensità cromatica ha un ruolo dove il racconto si fonde alla simbologia insistita delle stesure cromatiche biancastre, azzurrine, a volte perlacee dell'incontro/scontro di rossi di fuoco, di verdi scuri, di blu fondi come dei marroni bruciati, si evince quella sua interiorità riflessiva nella validità di lavori ben lontani dall'isolamento. Comunicano. Tito Mucci ha una propria grammatica, con accenti e con verbi..., e con un insieme di parole pittoriche da cui si capta un'esperienza comunicativa, tanto che ogni argomentazione linguistica fissata sia su tela o su tavola lignea, sia sulla preziosa carta Magnani di Pescia, mi sembrano ben collocate nell'esplorazione finanche geografica, là dove le ferite marmoree versiliesi, massesi o carraresi svelano un passato fatto di lavoro e soprattutto di sacrificio. “Irrequieto il marmo mordi, stagli, mondo silente, nell'ombra affiorato. Al bianco pietrificato, profili sospesi, al cielo sinuosi, scivolati, luce accarezzati”. Questo tratto di lirica di Marta Gierut non è casuale, né di parte. Tito Mucci ha scelto, nella specificità tematica, non solo le cave ben note, famose – cioè le michelangiolesche – ma persino altre, sconosciute, anche abbandonate ed esaurite. In lui c'è la riscoperta, l'emozione per cui il passato rivive ma nel tutto c'è un intento rinnovatore del soggetto scelto, con l'immissione di un senso spirituale, cioè a dire di un che di pensoso dedicato alle vicende umane (i vecchi cavatori, le tecniche estrattive trascorse... il rinnovo...) di un che di rivissuto, steso nella concretezza autonoma del segno/colore. La fisionomia delle opere vive dunque in una piena affermazione di necessità/libertà del fare, disciplinata in una sorta di colloquio con l'altrui persona affinché tale libertà continui nella vita. Sono accanto a Tito Mucci, In lui credo.

Lodovico Gierut   Agosto 2014

 

 



Commento al dipinto: Opera 6510 - Ascoltando: Madame Butterfly di Puccini
e rivivendo amore e disperazione.
- Olio e materiali vari su tela 50x70 - Ottobre 2010
Va bene, contiene i colori della Butterfly pucciniana, cioè amore, dolore e disperazione e altro. .

Lodovico Gierut   (Ottobre 2010)

 

 

Commento al dipinto: Opera 6410 - Il cielo di Marta - Olio e materiali vari su tela 20x50 - Ottobre 2010
(dedicata a Marta, figlia di Gierut)
L'arte di Tito Mucci è spesso un insieme di equilibrio, di sensibilità e di armonia. E' uomo del tempo, oppure è 'fuori dal tempo', od 'oltre il tempo'. Forse la giusta risposta deve darla chi sa guardare la sua arte con onestà, senza farsi influenzare da mode e da orpelli. Mucci ha fatto scelte precise e non vuole - giustamente - tornare indietro. I nostri anni inquieti e caotici più volte non sanno scoprire la poesia. La sua è fatta di colore e di trame antiche, morbide e forti al contempo.

Lodovico Gierut   (Ottobre 2010)

 

 

(...) L’incontro con il lucchese Tito Mucci – il nostro, ma potrebbe essere anche quello di altrui – offre ogniqualvolta la subitanea visibilità di una panoramica estetico-contenutistica dalla quale si evincono i caratteri di una personalità netta, che ha nel colore uno dei punti di forza. Nel luglio del 2009, a Viareggio, siamo rimasti affascinati nel vedere – all’interno di una gran Collettiva “20 mostre in Villa. Arte a confronto”, di come avesse organicamente predisposto la continuità dei suoi argomenti cromatici. Fu l’occasione per parlare delle sue spatole lunghe e forti – da un nostro accenno nel catalogo stampato da Caleidoscopio Edizioni (Carrara, 2009) – ove aveva lui stesso affermato che “Creare un’opera, è ogni volta (...) come affrontare un viaggio in terra sconosciuta: ogni passo è leggero ma deciso, e tutto è un’entusiasmante scoperta...”. Non è cosa di tutti i giorni trovare un pittore-pittore, cioè un artista che racconta i medesimi viaggi interiori – ovviamente a modo suo – della specie umana, quelli che vanno poi all’esterno influenzando il ‘pensare’ altrui unendosi al reale e al fantastico. Il rosso dell’attacco, il blu scuro della notte, il giallo della luce, il verde della perseveranza e della difesa... strutturano forme complesse e armonie magiche segnate dagli impasti di un sentimento che dona il turbinio dell’emozione.

Lodovico Gierut   (Settembre 2010)

 

 

La pittura di Tito Mucci, pastosa e terrigna nelle spatolate lunghe e forti, lo definisce subito quale artista preciso e deciso solo in apparenza legato alla gestualità. E' persona seria e di gusto.

Lodovico Gierut   (Luglio 2009)

 

 

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