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scritti relativi a dipinti facenti parte di: Geometrie realiste-Figurale astratto

Tito stai attraversando uno strano momento, la casa, simbolo delle tue certezze e del tuo vissuto, è diventata una fortezza, hai limitato gli accessi e aumentato il tuo desiderio di riservatezza e intimità. C'è anche una preoccupazione legata allo stato di salute, quasi volessi non conoscere un improbabile futuro condizionato da qualche immaginario malessere che potrebbe sopraggiungere. Il silenzio che emana la tua opera, contrasta con l'immagine di simpatico compagnone , che tutti gli amici ti riconoscono. Rimani anche in questo tuo nuovo stile, un pittore espressionista, candidamente sincero e bisognoso di far fuoriescere sulle tue opere, la complessità della tua anima. Dopo aver visto questo tuo quadro, se non ti conoscessi, avrei fatto di tutto x incontrarti, tanto è carico di messaggi. Vita, vita e ancora vita Tito, non eccedere in autocritiche eccessivamente penalizzanti, sei un uomo con un'anima grande, per certi versi simile ad una spugna che assorbe anche più del dovuto. L'ottimismo aiuta a risolvere i problemi reali o mentalmente costruiti, ci vorrebbe un sorriso, uno di quelli che fai scaturire ogni qual volta racconti una delle tue barzellette.
Lorenzo Pacini,       aprile 2019



Caro Tito, le preoccupazioni non riusciranno a scalfire le certezze su cui hai costruito saldamente nel tempo la tua casa. Ci potranno anche essere momenti di silenzio, ma la tua positività coltivata ha dato concretezza ai suoi frutti: lo testimoniano la visibilità sicura delle forme ed i colori che nelle varie tonalità si alternano inconfondibili. Non ci potranno essere sorprese inaspettate dietro quella carta ancora da scoprire ma nuove sicurezze generate dal buon seme da te coltivato. Buona serata, un abbraccio!
Gregorio Andreini,       aprile 2019



Mai previsione fu più profetica di quella che mi venne in modo naturale, durante la visita alla tua personale sulle Mura, di circa un anno fà. Non solo hai evoluto nel frattempo il tuo concetto di astratto, non solo hai ripercorso la visione romantica del tuo passato di paesaggista, addirittura con questo nuovo ciclo, abbracci il concetto di figurativo/astratto che di per se è un concetto contrapposto ma che riesci a fondere col tuo operare. Ci sono i colori a te cari, i tagli prospettici dall'andamento verticale di quando ti ho conosciuto, gli oggetti simbolo in cui ti riconosci e che fanno parte del tuo vissuto. Stai srotolando una metaforica matassa creativa e mentre compi questa operazione ogni tanto ti fermi, guardi il materiale che hai manipolato, ti fermi a pensare giocando col filo che hai fra le mani. Per non dimenticare il punto dove sei arrivato, fai dei fiocchi, per facilitarne il ritrovamento. La tua composizione si arricchisce di nuovi fiocchi e tanti ne verranno ancora. Ogni volta che modifichi il tuo operare, crei dei cerchi concentrici uno vicino all'altro. Vivi la tua posizione di nucleo centrale ma godi della presenza di questi cerchi che non perdi mai di vista, ogni uno partecipa alla realizzazione del cerchio successivo, che stimolerà la nascita di altre e innumerevoli novità.
Lorenzo Pacini,       aprile 2019



Caro Tito, la tua dolce melodia artistica ci dona dal suo spartito alcune personali forme liriche che prendono una loro concretezza nello spazio. I colori colpiscono per la loro viva cromaticità mentre lo sguardo rimane come avvolto dai filamenti di legami che come da lenze tese si snodano e si dipanano sulla tela in tutte le direzioni. In lontananza non c'è spazio solo per forme astratte ma per una forza di una lucentezza cromatica volta alla speranza che spicca essenziale nel cielo, fiduciosa di un domani che nonostante tutto può essere sempre aperto alla positività. Ogni cosa non si stacca dalla sua rete ma rimane così allineata e unita al buono del passato e anche dell'oggi. Un abbraccio!
Gregorio Andreini,       aprile 2019



"GEOMETRIA REALISTA" Gli schemi geometrici servono a Tito Mucci per costruire vere e proprie scene teatrali. Le circonferenze uniscono tra loro gli elementi disposti sotto e sopra di esse, andando a creare una gerarchia, dove nei centri ci sono i punti focali. Questo si traduce in un dinamismo, che potremmo definire cinematografico, completato da una struttura narrativa intrisa di lirica poesia. L'uso della geometria risulta fondamentale in questo ciclo di opere; dall'esame di questi quadri, si evince che l'artista ha disposto sulla tela, lungo linee e circonferenze, elementi il cui realismo suggerisce l'ipotesi, non suffragata da certezze, che siano stati dipinti dal vero. La complessità degli schemi geometrici, dimostra che questi dipinti non sono frutto del caso, ma sono il risultato di attenti studi preparatori. La geometria applicata, non è una cosa fredda, ferma o meccanica, ma necessaria per rappresentare il divenire di un moto, legato ad una progressione di slancio gestuale. Il rapporto fra pittura e percezione implica un processo di selezione, affidato ad alcuni elementi di individuazione, quale la linea, il piano, il volume, il colore. Tito Mucci nel delicato rapporto fra sensazione e realizzazione, non prescinde mai dal momento costruttivo, fa di questo elemento intermedio, il rapporto essenziale del suo operare, foggiandolo come una scheletro per sostenere e ordinare la sua sensibilità. È a causa di questo scheletro, che egli è capace di dare alle sue emozioni, una forma semplificata e una apparente indipendenza dalla natura. L'originalità del risultato rende queste opere, come espressioni sconosciute nel suo modo precedente di fare arte.
Lorenzo Pacini,       maggio 2019



scritti relativi a dipinti facenti parte di: Forme libere in uno spazio astratto



PORTA SAN PIETRO NELLA SEDE LUCCHESI NEL MONDO
L' «astratto relativo» di Mucci
Alla Casermetta di Porta San Pietro dell'Associazione Lucchesi nel Mondo, è aperta la personale del pittore lucchese Tito Mucci. Avemmo già avuto occasione di parlare del Mucci soprattutto per il suo cambio di stile: da figurativo ad astratto-informale. Ora l'artista lucchese presenta una serie di opere di che, se ci conforta-no nell'idea che il salto è anche di qualità, nello stesso tempo dimostrano, con ricorrenti accenni a figure, che dall'astratto puro è passato ad un astratto relativo, come chiamava il Salvini, e che si riferisce ad un astratto che, prendendo spunto dai colori della realtà, come è nella legge dell'astrazione, lascia un piccolo spazio confuso da fusioni cromatiche, a qualche oggetto intruso. Ecco che in questa mostra «La voce del silenzio», il Mucci sfodera tutta la sua forza espressiva nella creazione di opere informali che, sfruttando varie materie, riescono a raggiungere livelli ragguardevoli di espressività rivelando qualità indubbie nel pittore. Ma, guardando nel particolare le opere, ci viene il dubbio che il Mucci prima o poi torni al figurativo di cui soffre nostalgia. Rimarrà aperta fino al 14 gennaio.

Mario Rocchi,       7 gennaio 2018





PRESENTAZIONE di Lodovico Gierut in occasione della MOSTRA PERSONALE:
"La voce del Silenzio"

Castello di Porta San Pietro - Mura Urbane di Lucca


Tito Mucci: 30 dicembre 2017

Il silenzio sembra essere il limite e insieme la caratteristica delle arti figurative, ma niente si addice ad esso come la sinestesia che William Shakespeare ha efficacemente creato “Quello che amor tracciò in silenzio, accoglilo, che udir con gli occhi è finezza d'amore”. E' in definitiva ciò che viene fatto nell'osservare le opere d'arte: noi ascoltiamo, oltre che osservare, ciò che l'artista ci propone, che sia il silenzio visualizzato o una sonora realtà immanente. Ecco dunque la porta per l'arte che ci schiude il mondo interiore di chi, come Edward Hopper detto “il pittore del silenzio”, era solito affermare e cioè:- Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo.- Sono tanti i pittori che nella storia dell'arte hanno volutamente rappresentato il valore catartico del silenzio e altri che hanno trovato nel loro intimo le immagini sonore di sentimenti, di emozioni e di situazioni. Hanno superato, in un certo senso, quello che può sembrare il limite di pittura e scultura e che invece si rivela un potente veicolo di trasmissione e comunicazione, superiore spesso alla parola. Un inciso, riferendomi alla Versilia e ad un pittore che ho conosciuto negli anni Settanta: Walter Lazzaro, definito 'il pittore dei silenzi': era affascinante, al di là di certe chiacchierate assieme a Vittorio Cusatelli, di Roma – anche se non numerose – che facevamo a Forte dei Marmi, in Via Pascoli dove aveva lo Studio, guardarlo lavorare a certe tavolette lignee dove univa con perizia l'olio alla sabbia finissima di fiume. Il silenzio, dunque, il silenzio nella storia dell'arte: è nel silenzio della loro sordità che Pinturicchio e Goya hanno parlato, con le loro opere, ai contemporanei e ai posteri. E' nella pittura metafisica di De Chirico, nelle piazze e nei manichini, nelle nature morte di Morandi, nel surrealismo di Magritte, immerso nel “silenzio del mondo”, nelle 'solitudini' di Pietro Annigoni che si esprime un silenzio che urla dentro di noi quando cerchiamo di comprendere la realtà della vita, senza ricevere risposta. Parlare di silenzio, questa personale di Tito Mucci lo prova, ha il significato, per me, di 'vedere' questo artista lucchese chino sulla tela o sulla tavola, e poi – alla fine, terminata cioè l'opera pensata precedentemente – contento per essere riuscito ad esprimersi in modo pieno. Mucci è un tipo rigoroso; anche se non ha dubbi, da se stesso vuole il massimo, così oggi, 30 dicembre 2017, siamo davanti ad alcune sue opere nel cuore della 'sua' amatissima Lucca che molto ha dato, nel tempo, all'Arte. Ma chi è Tito Mucci? Come è arrivato a questa sintesi grafico-pittorica dove sosta l'equilibrio di un autonomo gesto/colore che – lo penso veramente – oggi ne riassume in pieno la personalità? Dovrei ripetere le parole di tanti amici e conoscenti, e di altri che lo hanno seguito nell'incedere delle stagioni. Potrei partire dall'ultimo arrivato in ordine di tempo, Gregorio Andreini, che ne afferma l'amore “vero per l'arte, intessuto di rassicurante serenità”, o fare decine e decine d'altri riferimenti di Luca Alinari, di Mario Rocchi che dà evidenza alle necessità del Nostro “di rompere quella specie di tradizione che lo aveva pervaso per penetrare nello spazio dell'informale dell'astratto”. Il passaggio delle stagioni mucciane è stato fissato da critici e da giornalisti, e da poeti e da altri come – dicendone alcuni a caso – Fossati, Palamidessi, Letta, Delli Carri, Guidi e Sgarbi, Carlesi, Codino e Tofani, Salotti, Mazzocchi, Ricci, Gatti, Ulivieri, Paloscia... Ci siamo conosciuti direttamente alcuni anni fa, nel senso che da allora è nata una solida amicizia, in quel di Viareggio a Palazzo Paolina Bonaparte: gli era stata assegnata una stanza, uno spazio dove aveva collocato una decina di tele che mi avevano colpito. Con lui parlai subito di astratto, di astrazione, e di artisti che conoscevo o avevo conosciuto, come Vinicio Berti, Amedeo Lanci, Gualtiero Nativi, Emilio Vedova. Mi incuriosivano le sue trame, le spatolate accese da cui si notava un trascorso, un viaggio che veniva da lontano. A Lucca, a casa sua, piena di disegni e di quadri d'ogni periodo, ebbi la conferma d'un lavoro continuo e continuato antecedentemente acceso da una matrice pittorica lucchese che poi s'era diversificata nel correre delle stagioni in note pian piano meno figurative, entrata persino in un'ottica statunitense, tipo quella di Jackson Pollock. Di Tito Mucci ho scritto e l'ho presentato in più parti, anche nel Museo “Ugo Guidi” a Forte dei Marmi dove, come in altre collezioni di valenza pubblica e non solo, ha un dipinto, ma non credo opportuno ripetermi, se non che sottolineare un fatto inequivocabile, e cioè che è se stesso, completamente. Le sue opere, che siano su tela o su legno, o su carta Magnani, lo riflettono dando pienezza di sintesi ad un percorso coerente dove, nell'orbita dell'astrattismo, si notano rimandi figurali. Lo ha fatto pure nella mostra torrelaghese “Omaggio a Giacomo Puccini. Vissi d'arte, vissi d'Amore”, fermata su carta anche con un libro-documento dell'Editoriale Giorgio Mondadori. La stessa cosa gli era riuscita mesi e mesi prima, a Cardoso di Stazzema, dove era stato lodato, con altri, per una mostra di gruppo legata alle cave di marmo delle Apuane. Non mancano in ogni modo, altri cataloghi dove sono conservate immagini della sua continua azione, e poi ci sarebbe persino da parlare – ma lo diranno i suoi quadri – del futuro estivo, mi riferisco al 2018, poiché è inserito in “Arte al Plurale”, organizzata dalla Polis Sillico, a Palazzo Carli. Da buon lucchese ha dipinti non solo in Italia, ma anche all'estero, ma torno al silenzio, al soliloquio della fantasia che in lui diventa colloquio con l'esterno, e si fa comunicazione grazie a certe “forme libere”, così le ha definite, che mi portano alle parole di Julian Schnabel: “L'artista sente molto profondamente il bisogno 'dell'accordo personale, dell'identità fra il suo intento e il risultato. Vivo nel mondo, egli sente il bisogno naturale di vivere con gli altri, di comunicare qualcosa”. Nel comunicare, sparge dunque memoria, quella stessa che Marilena Cheli Tomei ha definito un “libro bianco della vita, sulle cui pagine ognuno ha scritto e scrive la sua personale storia condividendola con chi ne comprende gli intimi aspetti”. Diversamente da altri, Mucci non è copista di se stesso, e così le lacerazioni e gli incontri e gli scontri, le sovrapposizioni cromatiche a pennello o a spatola, la costruzione di elementi simbolici e l'universo delle sue emozioni, definiscono un equilibrio ben comprensibile, unito com'è ne “La voce del silenzio”. Forse mi ripeterò, o dirò altrui concetti, ma se da un lato svela il proprio stato d'animo, contestualmente opera una sorta di “riflessione logica”, vale a dire, come ha affermato Franco Miele, scomparso anni fa: “... una sintesi del proprio essere con l'essere delle cose”. La sua logica è concatenata, parte cioè da esperienze trascorse che ha saputo fondere all'attualità. Il linguaggio è delicato e forte al medesimo tempo; si stende su una piattaforma comunicativa dove pulsano stille poetiche, parole azzurre e rosacee e rosse e blu e nere e bianche e gialle e verdi... con cui dice di credere ancora alla bellezza della forma/messaggio, ai valori della vita, della continuità della vita, che talvolta si scontrano con l'aridità di un oggi veloce e spesso irriflessivo, asettico. La poesia, cioè l'arte, in lui riflette ciò che è stato, dando un senso ad un intimismo che spiritualizza fatti e situazioni che vedrò, vedremo ancora in futuro, magari in una personale che ha in preparazione da qualche anno, titolata “Angeli rossi”. L'onestà intellettuale di Tito Mucci si spiega e si dispiega nell'autenticità di forme reali che sa rinnovare giorno per giorno. Al pubblico, a Voi tutti, il giudizio sul suo lavoro, ma so che in gran parte collimerà col mio.

Lodovico Gierut, critico d'arte       Lucca, 30 dicembre 2017 (Estratto)



Un'opera articolata dove il cromatismo gioca con la forma, la natura morta espressa in corpi verticali, vive il movimento grazie alle sfere che sembrano cercare una loro posizione autonoma nell'insieme, in realtà raggiungono la loro giustificazione estetica, dall'amalgama del colore. Un'opera con delle similitudini al concetto morandesco per la morbidezza della composizione, ma che trova autonomia e originalità nel gioco sovrapposto dei riquadri che col loro divenire aggiungono molteplici prospettive al soggetto. Nonostante il libero arbitrio compositivo espresso dall'artista, si denota nella forma e nel colore un'espressa interiorità dove una relativa calma interiore ed un certo appagamento intellettuale, sembra creare uno stato di invidiabile pacificazione emotiva. Complimenti Tito Mucci, pochi artisti in età giovane o matura, possono vantare il raggiungimento di tale equilibrio.

Lorenzo Pacini,       Lucca, 6 dicembre 2017






La ricerca di Tito Mucci è un viaggio appassionante che fa tenere all’osservatore le ali del pensiero aperte verso l’emozione. Non si può guardare una tela di Mucci, strumento vivo del suo linguaggio, senza pensare alla fiducia personale ed all’amore continuo per la vita che traspare, anzi trasuda in ogni situazione o evenienza e che lui trasporta sui suoi dipinti. Nelle opere che per la felice occasione l’artista lucchese presenta, c’è una costante ricerca di realtà e profondi orizzonti: ciò avviene in ciascuna delle variegate sfumature dell’esistenza riportate sulla tela. Le pennellate pastose e colorate si compongono di modulazioni comunicative di linee commiste a forme, segni, gocce, strati di rete o parti di giornali e rappresentazioni figurative. Il rosso, il fucsia, il rosato, il blu oltremare, il giallo, il verde, i bianchi o il nero si ripartiscono infatti settorialmente grazie alla sapiente stesura cromatica in settori ed originano con i loro compositi significativi grumi, linguaggi e forme diverse articolate, riccamente modulate e nello stesso tempo rese percepibili dalla mano e dal pennello di Tito. Il suo vissuto qualunque situazione riporti, dona allo sguardo attento di chi guarda le sue opere un senso di quiete e di pace interiore e lirica. Queste tele hanno un sapore di forte significato perché sono simbolo ed espressione viva di come l’artista proceda nel suo percorso: con una costanza ma non per questo mera lineare continuità. Il suo ergersi pittorico verso il futuro non è esente da ritorni a memorie di ciò che è stato. Anzi nel suo percorso il germe di ciò che è vivo sulla tela non è mai finito ma si può ritrovare anche nella sua intima essenza quando riproposto seppur con una diversità. Tito Mucci che sia forte nel segno ed espressivo, istintivo o talvolta più astratto o informale, riesce sempre a donare con le geometrie e le linearità della sua pittura, un amore sicuro e vero per l’arte, intessuto di rassicurante serenità. Un linguaggio in cui non si può non sentire risuonare forte rimembranze legate da accordi che ritrovandosi pizzicano e donano intensità poetiche uniche dal sentore rassicurante. Fondamentali per l’occhio dell’osservatore anche nell’esercizio attivo della contemplazione dell’invisibile ed a rendere Tito Mucci protagonista attivo dell’arte lucchese.

Gregorio Andreini,       Lucca, 23 novembre 2017






scritti relativi a opere astratto-informalifacenti parte di: Materia grumosa.

GALLERIA L'ARTIFICIO - LUCCA

«Materia grumosa»
NON È FACILE per un pittore saltare, per così dire, il fosso della figurazione. Cioè sviluppare la fase grafica e cromatica fino a mutare l'assetto di un'opera da trasformarne, per così dire, i connotati. Così è successo a Tito Mucci che espone alla sala d'arte L'Artificio, pittore lucchese che iniziò la sua lunga carriera con singolari paesaggi figurativi che esprimevano delicate emozioni. Ad un ceno momento il Mucci ha sentito la necessità di rompere quella specie di tradizione che lo aveva pervaso per penetrare nello spazio dell'informale e dell'astratto. E lo ha fatto soprattutto affidandosi a una materia corposa e a un monocromatismo con ampio potere di suggestione. Il bianco, il rosso o il blu e le loro sfumature, o meglio, i loro giochi di luce, quasi si approfittano della spessa materia per dare corpo a un'illusione cromatica che prende vita dalla materia stessa ricca di spazialità. Insomma, con tutti i dubbi che possono sorgere per il «salto» che Mucci ha fatto, non si può non riscontrare il notevole avanzamento che l'artista dimostra con questa esposizione «Materia grumosa». [..]

Mario Rocchi,       Quotidiano La Nazione - 2016


TITO MUCCI: LA "COSA" E' UN COLORE
Un colore che nella sottile sintassi pittorica di Tito si modula e si presenta, attraverso la materia del quadro, con una gamma ricchissima di punti, di sfumature, di tonalità. Ogni colore, in certi monocromi particolarmente emozionanti, è se stesso e solo il nostro spostarci nello spazio di fronte all'opera, può rivelarne una gammatura articolatissima, una musicalità che passa da glissati sottili e quasi sussurrati a imponenti manifestazioni evocative: Tito è se stesso come i suoi colori. Non so se Tito Mucci è un pittore astratto. Come non so se io stesso sono un pittore figurativo. In questi tempi di atroce catalogazione fissa delle nostre vite, in cui non siamo, ormai, niente di più che la nostra configurazione burocratica: ombre parlanti di scartoffie sempre ingiallite e bloccati in salatissimi cunicoli dai quali non si può fuggire, in questi tempi, dicevo, gli schemi di stile artistico mi sembrano diluirsi e sparire. Per forza: nell'invenzione pittorica, almeno, gli assurdi vincoli logico-razionalistici non possono che scomparire. Lasciamo alla pittura, lasciamo a noi stessi la libertà di "essere" momento per momento, di coltivare l'incoerenza stilistica, di esercitare la libertà dell'immaginazione. Di saltare da un modulo all'altro. Le "cose" sono imprendibili: dobbiamo correre più di loro. Ho visto opere di Tito strettamente "figurative". Non sono meno belle di quelle strettamente "materico-astratte". E in fondo non dicono cose poi così diverse. (sì, certo, l'impianto di questa pittura si rivolge ai movimenti interiori più segreti e meno consapevoli dello spettatore. Quella materia rossa - ma rosso forse non è termine giustissimo. Si tratta più di una luce rosso-rosata che ci solletica la vista e il cuore). Quella materia rossa esiste dentro di noi e noi la riconosciamo come il colore della nostra esistenza vera. Il colore della nostra composizione organica mescolato, a fuoco lento, al colore del nostro pensiero. La "cosa" di Tito è la "cosa" di tutti.

Luca Alinari,       Mitigliano, 28 dicembre 2014


Le cave marmoree di Tito Mucci
Ben conoscendo l'evoluzione stilistica del lucchese Tito Mucci – passato da una lunga fase figurativa all'astratto tramite un'interessante serie di modulazioni – non mi sorprende la serie di opere che sta perentoriamente dedicando all'interpretazione dell'universo marmoreo apuano, forse sollecitato dall'attenzione che il pubblico gli ha dedicato per la partecipazione alla gran mostra del 2013 – tenutasi a Cardoso di Stazzema – “Il Comprensorio dell'Altissimo”, inserita nelle Celebrazioni del Lodo di Papa Leone X. Tralasciando l'evento, già affidato alle cronache specifiche, non mi sorprendono più di tanto le creazioni che sta dedicando all'universo marmoreo apuano. Dal segno al gesto e alla forma pittoricamente forte, in cui l'intensità cromatica ha un ruolo dove il racconto si fonde alla simbologia insistita delle stesure cromatiche biancastre, azzurrine, a volte perlacee dell'incontro/scontro di rossi di fuoco, di verdi scuri, di blu fondi come dei marroni bruciati, si evince quella sua interiorità riflessiva nella validità di lavori ben lontani dall'isolamento. Comunicano. Tito Mucci ha una propria grammatica, con accenti e con verbi..., e con un insieme di parole pittoriche da cui si capta un'esperienza comunicativa, tanto che ogni argomentazione linguistica fissata sia su tela o su tavola lignea, sia sulla preziosa carta Magnani di Pescia, mi sembrano ben collocate nell'esplorazione finanche geografica, là dove le ferite marmoree versiliesi, massesi o carraresi svelano un passato fatto di lavoro e soprattutto di sacrificio. “Irrequieto il marmo mordi, stagli, mondo silente, nell'ombra affiorato. Al bianco pietrificato, profili sospesi, al cielo sinuosi, scivolati, luce accarezzati”. Questo tratto di lirica di Marta Gierut non è casuale, né di parte. Tito Mucci ha scelto, nella specificità tematica, non solo le cave ben note, famose – cioè le michelangiolesche – ma persino altre, sconosciute, anche abbandonate ed esaurite. In lui c'è la riscoperta, l'emozione per cui il passato rivive ma nel tutto c'è un intento rinnovatore del soggetto scelto, con l'immissione di un senso spirituale, cioè a dire di un che di pensoso dedicato alle vicende umane (i vecchi cavatori, le tecniche estrattive trascorse... il rinnovo...) di un che di rivissuto, steso nella concretezza autonoma del segno/colore. La fisionomia delle opere vive dunque in una piena affermazione di necessità/libertà del fare, disciplinata in una sorta di colloquio con l'altrui persona affinché tale libertà continui nella vita. Sono accanto a Tito Mucci, In lui credo.

Lodovico Gierut,       Agosto 2014


Il notevole percorso artistico di Tito Mucci è approdato, attraverso un lungo e meditato periodo figurativo, ad una personalissima sintesi materico-cromatica, in cui i suoi grumi ormai noti, stratificazioni espressive come depositi di materia colorale, esprimono pienamente un'onda emozionale che merita attenzione e rispetto. In tutte le opere regna una tendenza positiva, che nessuna insidia può intaccare o alterare in alcun modo; anche laddove il dramma degli accadimenti materici sembra prevalere, si erge su tutto un senso di armonia e di freschezza, lo stesso che l’artista sempre dimostra di avvertire ad ogni nuova opera, in ogni raggiungimento che risulta sorprendentemente lirico e intriso di poesia. Astratta è l'arte di Tito Mucci? Informale diremmo noi, almeno per gli ultimissimi risultati, forte di una padronanza non indifferente dei mezzi espressivi, capace di emergere nei segni tellurici e nelle eruzioni cromatiche ben riconoscibili dall’osservatore. Un'espressività, questa, che dà valore e indipendenza al colore come materia costruttiva, facendolo scaturire dalle zone più profonde della coscienza, per farlo affiorare alla luce del mondo sotto le luminose forme di una confessione libera e autentica. Un'arte che non rimpiange i suoi trascorsi figurativi ma che, nella ferma volontà di evolversi per rimanere comunque se stessa, è costantemente rivolta al futuro. Un futuro che non è una meta, ma uno stato d'animo, un modo di essere. E proprio pensando al futuro, ecco che allora mi pare di capire cosa sono per me le opere del carissimo Tito: progetti di caos per nuovi universi.

Marco Palamidessi,       Lucca, 28 dicembre 2014


La capacità d’analisi pittorica di Mucci, persona gioviale aperta e solare, rivela un percorso approfondito e indagatore della materia in cui luci ed ombre si integrano per restituirci una visione del mondo che nel quotidiano ci resta ignota ma che la sua pittura ci fa riaffiorare dal profondo dell’anima.

Vittorio Guidi       22 dicembre 2014


L’arte di Tito Mucci appare un percorso di continua, instancabile ricerca. La sua produzione degli ultimi mesi esplora nuove possibilità nella direzione dell’espressionismo astratto, ma sempre senza perdere di vista la sua inconfondibile cifra personale: la potenza evocativa del colore intrecciata alla concretezza della materia per dare voce ad un mondo interiore profondo e dirompente. Le emozioni primarie di fronte al mistero della vita, alla multiforme grandezza della natura, agli abissi dello spirito, sembrano aver trovato due canali di comunicazione paralleli: da un lato, proseguendo l’elaborazione degli ultimi anni, si imprimono in superfici complesse in cui colori, luci e ombre si fondono, si sgretolano e si ricompongono con gradi crescenti di luminosità: brandelli di bianco o di rosa sospesi nel blu profondo come stalattiti, o bagliori di giallo che illuminano un vortice di frammenti rossastri emergenti da contorni bui. Dall’altro lato, emerge una nuova ricerca che fa propria la potenza simbolica del color field painting, scegliendo comparti delimitati di colori contrastanti: il rosso delle passioni, il verde della natura, il blu della trascendenza, non più fusi l’uno nell’altro ma giustapposti, come nello sforzo di dare un ordine al mondo informe e tumultuoso delle sensazioni, degli impulsi, degli slanci interiori dell’artista. In molti casi - non a caso - la tela diventa un unico settore di rosso fuoco, espressione della forza primordiale e totalizzante di sentimenti, desideri e tormenti dell’animo. Tuttavia alla forza simbolica dei colori non si accompagna mai l’aspetto immateriale di un Rothko: la concretezza della materia, richiamo imprescindibile alla vita reale, al quotidiano in cui anche le emozioni più sublimi di radicano, è continuamente evocata dall’uso di graffi, spatolate, brandelli di reti, carte e piccoli frammenti che movimentano la superficie pittorica, rendendola consistente e palpabile. Non è l’ideale che interessa Tito, ma il reale, con la sua intrinseca capacità di generare emozioni da tradurre sulla tela.

Chiara Letta       Agosto 2014


Ricche trame di materia e colore, intessute di emozioni che palpitano e vibrano come se fossero animate da una energia interna, sono le opere di Tito Mucci. Esse guidate da una simbologia cromatica non casuale, raccontano le sfumature dell'animo umano, nel percorso di ricerca di una spiritualità profonda.

Claudia Baldi       Agosto 2014

Tito Mucci a Camporgiano
Anche se altrove abbiamo già trattato l’Arte di Tito Mucci – a Viareggio e a Firenze come in altri luoghi – ci preme affermare subito che per capire in pieno il significato delle sue forme/colore, l’osservatore deve avvicinarvisi con tranquillità, trovare cioè qualche minuto per dare piena, completa attenzione ai colpi di spatola, alle sue superbe e quasi magiche cromie, ai segni/segnali con cui sa equilibratamente tessere le tele e le tavole, come le carte preziose (usa in genere quelle di Pescia, le “Magnani! tanto apprezzate dall’Annigoni). Ha titolato la sua mostra di Camporgiano “Sinfonie d’estate”, forse perchè siamo in tale periodo, ma diremmo che sono le tante stagioni della sua vita ad aver concretato l’ormai fine raggiunto di una piena espressività. Tito Mucci non cessa però di stupirci. Certe volte vorremmo paragonarlo a una pila che dopo aver dato luce, per qualche tempo non si fa più vedere (o meglio, non illumina quel che ha fatto, scompare), prende le distanze dal pubblico e dalle esposizioni e lavora, crea... avendo solo sporadici contatti con qualche amico. Poi... ecco che la luce torna: è lui, che dà di sé la continuazione della ricerca del segno, ovvero del gesto/colore donando nuova primavera, nuova estate, nuovo autunno, nuovo inverno... Le stagioni si vestono dunque della sua continuità espressiva presentata in pienezza solo nelle occasioni che decide: Camporgiano è tra queste. Ecco che in tali sinfonie c’è il suo “Io” completo, frutto maturo d’arrivo e ovviamente di ripartenza di un percorso nel quale è positivamente ancora presente il brivido di un lontano sentimento figurale (che regge nel tempo, si badi bene!) il quale, avendo sentito allora l’esigenza del superamento realistico, s’è poi calata nell’esperienza delle cosiddette forme astratte. Dalla suggestione dinamica Tito Mucci è passato su un terreno di vigorosa e pur raffinata istintualità, con un’opportuna lettura di concetti artistici anche altrui – Pollock, tra altri) – navigando nelle acque della forma e a farne parte con una propria logica. Il suo linguaggio è oggi completamente fluido e coerente, significativo ed eloquente, tanto che – a parte i titoli alla sua maniera, con l’unione voluta di una parola all’altra per dare al tutto una piena velocità/continuità – le risultanze affermano chi sia e cosa intenda proporre all’attenzione pubblica. Si tratta di una serie d’emozioni e di sensazioni di un astrattismo definito dall’indimenticabile nostro amico e collega Dino Carlesi “originale, maturo e ricco di contenuti”, dove la poesia d’uomini e di cose, come il dato spirituale, si muove con l’uso appropriato del rosso/sacrificio, del blu/serenità, del giallo/fede... con i tagli, cioè con le spatolate a fissare pensieri che vanno nell’Oltre, a rendere omaggio ai mille colori della lucchesia di Pascoli e di Pea e di Tobino, o alle ferite delle Apuane michelangiolesche. Ogni tanto una piccola frase, o una parola, segnali codificati nel libro dei suoi quadri, si uniscono a un tutto che ben accompagna il nostro vivere.

Lodovico Gierut,       9 agosto 2012


Continua, imperterrito, il viaggio di Tito Mucci nell'Arte. Lo fa senza mezzi termini, affrontando col suo segno/colore la tela, la tavola, la carta per depositarvi quella "sua" poesia senza fronzoli e orpelli che fa parte di scelte fatte ormai da tempo. Protagonista silenzioso, che non sgomita e non chiede, anche in questo caldo e strano mese autunnale ci dona una serie d'opere da vedere, quasi da "gustare"
- usando un termine non proprio appropriato al tema - ma forse opportuno stante la densità , l'amalgama di cromie dense molto belle, quasi da accarezzare.

Lodovico Gierut,       2013




Caro Tito, riguardo alla tua pittura astratta è una sorta di esercizio a contemplare l'invisibile. Predispone l'occhio ad andare oltre se stesso, verso la profondità di ciò che ancora non si manifesta, ma tende comunque ad emergere dal fondo più oscuro di una nuova creazione. La pittura astratta non testimonia soltanto la creatività di chi la realizza, ma induce anche il suo destinatario ad uno sguardo creativo e maieutico, che aiuta il parto della bellezza dall'informe.

Luca Bassetti,       2011




Sono rimasto impressionato da questo suo processo di maturazione artistica che in poco tempo l’ha proiettato in un astrattismo interessante, originale, maturo e ricco di contenuti. Vedo che ha interpretato al meglio il mio pensiero, dando un’impronta personale alla sua pittura. I suoi dipinti sono coraggiosi e molto belli, e si collocano tra le avanguardie artistiche dei primi del novecento e la nuova astrazione. Complimenti

Dino Carlesi,       Estate 2009




……..Il punto di partenza sono sensazioni primordiali, tumultuose e a volte inafferrabili, spesso generate dall’ascolto della musica (ed è interessante questa ricorrente interazione tra le due arti, qui ricondotta ad un livello più emotivo che cerebrale). La gioia di un’esistenza vissuta intensamente, la forza a volte angosciosa delle passioni, la ricerca dell’innocenza infantile, la struggente malinconia dei ricordi, l’amore per la vita in tutte le sue luci e ombre: questo il mondo interiore che trova voce in una pittura fatta di tessiture complesse, sgocciolature, grumi di colore tra cui si insinuano arabeschi misteriosi. Una pittura in cui gli equilibri (o disequilibri) cromatici diventano protagonisti assoluti, ma il segno non cancella la materia: tra le gocce di colore spesso si impigliano inserti di materiali diversi (pezzetti di rete, carta di giornale...), come frammenti di vita concreta disseminati nel vortice della materia interiore. La grande forza di questi quadri sta nella naturalezza con cui le loro superfici dense di linee e macchie riescono a comunicare tutto questo.

Chiara Letta,       2010




Le opere che il maestro ha esposto, un intreccio di linee, colori e disegni, tutto bene armonizzato, mi trasmettano veramente un moto di gioia, di serenità, di letizia. Un’armonia dello spirito

Giuseppe Ricci,       Inverno 2011




La pittura di Tito Mucci, pastosa e terrigna nelle spatolate lunghe e forti, lo definisce subito quale artista preciso e deciso solo in apparenza legato alla gestualità. E' persona seria e di gusto.

Lodovico Gierut,       2009

L'arte di Tito Mucci è spesso un insieme di equilibrio, di sensibilità e di armonia. E' uomo del tempo, oppure è 'fuori dal tempo', od 'oltre il tempo'. Forse la giusta risposta deve darla chi sa guardare la sua arte con onestà, senza farsi influenzare da mode e da orpelli. Mucci ha fatto scelte precise e non vuole - giustamente - tornare indietro. I nostri anni inquieti e caotici più volte non sanno scoprire la poesia. La sua è fatta di colore e di trame antiche, morbide e forti al contempo".

Lodovico Gierut,       2009

...Non è cosa di tutti i giorni trovare un pittore-pittore, cioè un artista che racconta i medesimi viaggi interiori – ovviamente a modo suo – della specie umana, quelli che vanno poi all’esterno influenzando il ‘pensare’ altrui unendosi al reale e al fantastico. Il rosso dell’attacco, il blu scuro della notte, il giallo della luce, il verde della perseveranza e della difesa... strutturano forme complesse e armonie magiche segnate dagli impasti di un sentimento che dona il turbinio dell’emozione”.

Lodovico Gierut,       2011




Tito pittura: ma tanti pitturano. Poi, di colpo, guardando un quadro dopo l'altro, sono rimasto senza parole perché ti trovi davanti ad un pittore autentico che riesce a colorare uno stato d'animo, a trovare la vita dove c'è solo l'aridità ristagnante del vivere quotidiano

Gianfranco Bandini,       2008



Conosco Tito da oltre trenta anni ed ho veduto la sua pittura crescere sempre più distaccandosi dal semplice tocco figurativo per passare ad una pennellata corposa, ricca di materia e di colore. Tito oggi può fare e disfare ciò che vuole; non è suddito di artisti, galleristi, mercanti od altro. Ha già pagato tutto nella vita ed ora può andare in tasca al mondo cattivo, in punta di pennello, a colpi di spatola o spray negli occhi.

Franco Giorgi,       2008