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Tito Mucci ha iniziato a dipingere all'età di dieci anni, già disponendo, per una situazione particolare, di uno studio, dove hanno preso vita i suoi primi dipinti ad olio, come copie di quadri famosi verso cui aveva provato grande ammirazione e messi a disposizione dalla signorina Vera, maestra elementare in pensione, che affettuosamente già dall'età di sei anni lo aiutava nell'arte del disegno.
Dopo la morte del padre, adolescente, andò ad abitare coi nonni materni, trovando comunque spazio per dipingere messo a disposizione dal nonno.
Sono di quel periodo dipinti di fiori, nature morte, paesaggi, e anche dipinti astratti.
L’amore per il disegno lo portava a impegnare anche una breve pausa di studio o di lavoro per raffigurare una mano, una bottiglia, un utensile da lavoro e qualsiasi altro oggetto, o una persona.
Appena dopo il matrimonio, è iniziato il vero interesse per il paesaggio dipinto dal vero, "en plein air", e sono moltissimi i dipinti raffiguranti la campagna e le colline lucchesi, in particolare la collina a Pieve S. Stefano dove si recava spesso anche con la famiglia.
Oltre a dipinti ad olio, Tito ha realizzato moltissimi acquerelli, pastelli, tecniche miste, matite, pennarelli.
Si è appassionato poi della tecnica dell’acquaforte, e ne ha realizzate diverse, le prime insieme all’amico pittore Giovanni Lorenzetti che disponeva di un bellissimo torchio a rullo nel suo studio di via dell’Anquillara, le altre con un piccolo torchio personale che tirava incisioni fino a misure cm. 20x30.
Negli anni ’80 furono pochi i dipinti dal vero, molti infatti furono eseguiti da foto, fatte in ogni luogo della campagna e colline di Lucca , e anche in Maremma. Osservazioni attente, per diversi minuti, di bellissimi paesaggi collinari maremmani, gli consentirono di ricordare il soggetto, e dipingere poi quadri a memoria. Talvolta i dipinti avevano origine dalla sola fantasia, richiamata comunque da paesaggi visti e ricordati a memoria.
Ha dipinto anche tanti ritratti, figure, nudi, ad olio, o come studio ad acquerello e pastello.
Negli anni 2000 Tito ha ripreso dapprima tematiche paesaggistiche, nature morte, fiori, per protrarsi in seguito verso l’informale e l’astratto, che nel 2009 ha preso definitivamente forma, nel desiderio di trovare nuovi orizzonti che dessero spazio alla sua maturità artistica, immergendosi in una contemporaneità sempre più incerta, in una società tanto mutata rispetto a quella degli anni '70 e primi anni'80, quando desideri ingenui e leggeri lo portavano a dipingere poetici paesaggi.
Finalmente, dopo tanti tentativi, si concretizzava, in modo continuativo e con piena convinzione, il sogno di andare oltre il figurativo.
Fondamentali per lui sono stati gli incontri con i pittori A. Possenti e Luca Ainari, lo scultore G. Salotti, ed i critici d’arte M. Marzocchi, T. Paloscia, D. Carlesi e L. Gierut, che in periodi diversi hanno contribuito alla sua maturazione artistica.
Si sono interessati alla sua pittura, oltre ai già citati artisti e critici, anche V. Sgarbi, C. Orlando, M. Rocchi, M. Palamidessi, E. Ulivieri, F. Tori, N. Codino, P. Tofani, L. Marchetti, A. Gatti, G. Ricci, C. Giorgetti, C. Letta, F. Delli Carri, L. Bassetti, Riccardo Benvenuti, Marilena Cheli Tomei, Pier Aessandro Fosssati, Gregorio Andreini e Lorenzo Pacini.
Ma la smania di trovare nuovi linguaggi rode l’anima di un artista, e Tito non è esente. E' infatti alla ricerca, quasi concretizzata ma sempre in fase di sperimentazione, di superare la concezione astratta e informale, oltre che figurativa, della realtà. Una superficie piatta, pur plastica o prospettica, pur timbrica o tonale, solo per un effetto ottico va oltre le due dimensioni del supporto, mentre Tito vuole superare concettualmente e fisicamente questa concezione del dipinto, dare maggiore spazialità all'opera, come già fece Lucio Fontana tagliando la tela, facendo intravedere oltre il taglio. Tito vuole però lavorare su un supporto a tre dimensioni, come un bassorilievo, dove prenda vita parzialmente la superficie, ma anche ogni crepa, taglio, foro, ogni screpolatura sottostante, come parte di un intonaco rovinato dal tempo passato.
Ma l'artista ancora non si ferma nella sua ricerca e a fine 2018 vuole ritrovare la purezza e lo fa eseguendo sette paesaggi con la stessa tecnica degli anni '80, e trova grande gioia nello scoprire che il suo animo è ancora capace di commueversi e dipingere un mondo profondo ed infinito come lo vedeva negli anni della sua gioventù. Ma non si placa nemmeno l'amore per l'informale, l'astratto, di lavorare anche su più fronti. Da una parte l'informale, dall'altro il figurale astratto, nella speranza di trovare poi un'unica espressione artistica che raccolga i frutti del suo lungo percorso di pittore.
Suoi dipinti si trovano presso Musei, Enti pubblici e privati italiani e in Collezioni private in Italia, Francia, Svizzera, Austria, Danimarca, Inghilterra, Germania, Svezia, U.S.A., Brasile, Filippine.
Ha pubblicato in proprio: “Girasole d’Inverno”, raccolta di 50 poesie.


1° foto: Brancoli, 1975   -   2° foto: Studio, 2011   -   3° foto: studio 2015